martedì, ottobre 23, 2007
venerdì, settembre 07, 2007
sabato, luglio 14, 2007
lunedì, aprile 30, 2007
Il paradosso
Il fioraio non abita più qui, ormai dovresti saperlo.
Dunque, cosa cazzo ci fai ancora su questo sito?
(Lo so, anche tu mi manchi)
Dunque, cosa cazzo ci fai ancora su questo sito?
(Lo so, anche tu mi manchi)
martedì, aprile 10, 2007
The end
Riverisco lor signori, si chiude bottega.
Il fioraio continuerà, forse, a cogliere e a scrivere, ma recide in questo meraviglioso e terribile aprile il cordone ombelicale con la sua creatura.
Tutti i giochi vengono a noia, ecco la maledizione non già del bambino capriccioso, ma dell'individuo attento.
Sarebbe del resto tremendamente ironico che proprio chi innalzò questo piccolo spassionato altare, professando amor di libertà, debba poi finire con l'imporsene la cura e la manutenzione.
Con poco rumore arrivai qui, con ancor più silenzio guadagno la porta sul retro del teatro.
Auguro a chi in questo luogo venne, e a me soprattutto, ben più degne occupazioni, come pure, di cuore, tutta la libertà di cui sarà capace senza arrivare ad aver paura.
"Abbiamo barattato la garanzia di non morire di fame con la certezza di morire di tedio" sta scritto, nemmeno troppo in piccolo, nello statuto del nostro Comune, della nostra Provincia, della nostra Regione.
Ebbene, a volte, è bello poter pensare che i termini di quel contratto di baratto siano aggirabili.
Ecco l'augurio del fioraio che riverisce, e saluta.
Il fioraio continuerà, forse, a cogliere e a scrivere, ma recide in questo meraviglioso e terribile aprile il cordone ombelicale con la sua creatura.
Tutti i giochi vengono a noia, ecco la maledizione non già del bambino capriccioso, ma dell'individuo attento.
Sarebbe del resto tremendamente ironico che proprio chi innalzò questo piccolo spassionato altare, professando amor di libertà, debba poi finire con l'imporsene la cura e la manutenzione.
Con poco rumore arrivai qui, con ancor più silenzio guadagno la porta sul retro del teatro.
Auguro a chi in questo luogo venne, e a me soprattutto, ben più degne occupazioni, come pure, di cuore, tutta la libertà di cui sarà capace senza arrivare ad aver paura.
"Abbiamo barattato la garanzia di non morire di fame con la certezza di morire di tedio" sta scritto, nemmeno troppo in piccolo, nello statuto del nostro Comune, della nostra Provincia, della nostra Regione.
Ebbene, a volte, è bello poter pensare che i termini di quel contratto di baratto siano aggirabili.
Ecco l'augurio del fioraio che riverisce, e saluta.
Au revoir
sabato, aprile 07, 2007
lunedì, aprile 02, 2007
manifesto del frivolo
Tanto pesante sa essere la materialità del mondo, ch'essa sarebbe insostenibile senza un sano ricorso al leggero: la gretta meschinità del corpo abbisogna non solo di zuccheri e proteine, ma anche di musica, e colori, e danze, e giochi nell'aria, e bolle di sapone da far volare.
Ode qui a tutti quei prìncipi e quelle principesse di frivolezze che mi accompagnarono ogni volta che lo spirito, pur di restare in quota, necessitava di gettare fuoribordo tutta la zavorra d'impedimento.
Allo stesso modo, ogni volta che ride il triste, che ghigna il moribondo, che brinda il pezzente, noi saremo con loro.
Ogni volta che la necessità verrà stravolta, ogni volta che l'estetica piegherà la ragion pratica, e l'arbitrio il costume, noi saremo lì.
Ogni volta che si farà volare un aquilone, noi saremo nel vento.
Ogni volta che si scriveranno cazzate, noi saremo tra le righe, come in questo caso.
A fare cosa, non si sa.
Proprio per questo, sarà leggerissimo e perfetto.
Ode dunque alla leggerezza, perchè insopportabilmente pesante sa esserne l'assenza, come sa chi da tempo non ride più perchè confonde serietà con tristezza, normale con mediocre, triste con tristo.
lunedì, marzo 26, 2007
Welcome to the club
mercoledì, marzo 07, 2007
parolacce
La crudezza della lingua piace a chi, come il fioraio, si ciba di carne cruda.
Del resto, grazie agli effetti di quei dispositivi educativi che ci sommergono fin da piccoli, con tutta probabilità ci si rivelerà maggiormente gustosa quella crudezza di lingua proveniente da una donna, poichè, nella strutturata innaturalezza cui si piega la società, le donne sembrerebbero generalmente indirizzate, nel lungo periodo, più verso l'osservanza che verso lo scandalo (meglio: verso una fine dissimulazione più che verso una spietata franchezza).
Sicchè, perfino oggi che tutto abbiamo già visto e tutto abbiamo già provato, la donna che ti guarda negli occhi e ti chiede: "avresti voglia di scoparmi?" potrebbe, pour parler, avere un qualche effetto anche sul sistema limbico dell'interlocutore più apatico.
Meno male dunque che esistono le regole dell'educazione e del buoncostume, così che, quando le stesse vengono violate, possiamo agilmente trarne gusto e stimolo. Altrimenti, se tutto fosse permesso per statuto fin dall'inizio, "vuoi scoparmi" avrebbe lo stesso effetto di "ma io cosa sono per te?" (ricorrente frase femminile).
Del resto, grazie agli effetti di quei dispositivi educativi che ci sommergono fin da piccoli, con tutta probabilità ci si rivelerà maggiormente gustosa quella crudezza di lingua proveniente da una donna, poichè, nella strutturata innaturalezza cui si piega la società, le donne sembrerebbero generalmente indirizzate, nel lungo periodo, più verso l'osservanza che verso lo scandalo (meglio: verso una fine dissimulazione più che verso una spietata franchezza).
Sicchè, perfino oggi che tutto abbiamo già visto e tutto abbiamo già provato, la donna che ti guarda negli occhi e ti chiede: "avresti voglia di scoparmi?" potrebbe, pour parler, avere un qualche effetto anche sul sistema limbico dell'interlocutore più apatico.
Meno male dunque che esistono le regole dell'educazione e del buoncostume, così che, quando le stesse vengono violate, possiamo agilmente trarne gusto e stimolo. Altrimenti, se tutto fosse permesso per statuto fin dall'inizio, "vuoi scoparmi" avrebbe lo stesso effetto di "ma io cosa sono per te?" (ricorrente frase femminile).
giovedì, febbraio 22, 2007
battuage
Parcheggi notturni di aree deserte
parcheggi la vita che qualcuno t'ha scelto
parcheggi di occhi bramosi di carne
parcheggi la norma e sleghi la bestia
Parcheggi parcheggi stupendi non-luoghi
nessuno è padrone, nessun controllore
dozzine di occhi di gatti a motore
girano e girano in cerca di sfoghi
parcheggi la vita che qualcuno t'ha scelto
parcheggi di occhi bramosi di carne
parcheggi la norma e sleghi la bestia
Parcheggi parcheggi stupendi non-luoghi
nessuno è padrone, nessun controllore
dozzine di occhi di gatti a motore
girano e girano in cerca di sfoghi
Parcheggi la regola che ti vuole uomo
deciso, sicuro, maschio italiano:
parcheggi ed aspetti un altro impiegato
un altro studente, un altro marito
che da sempre sognava mani di uomo
e sposando la moglie la voglia ha tradito,
ma la notte in parcheggi la verità prende
la vita che vuole, e un maschio s'appende.
parcheggi e guardi sfilare la carne
parcheggi il bisogno di saperne il nome
e sposando la moglie la voglia ha tradito,
ma la notte in parcheggi la verità prende
la vita che vuole, e un maschio s'appende.
parcheggi e guardi sfilare la carne
parcheggi il bisogno di saperne il nome
parcheggi e riponi la convenzione:
la moglie il marito e pure l'amico
e tutti i giostranti che girano in tondo
parlando forte il linguaggio del corpo.
Sguardi tra i vetri di macchine spente
alcove di uomini e donne roventi
Parcheggi, parcheggi, la notte ti resta
per parcheggiare e slegare la bestia.
la notte ti resta ed è l'Ora Lieta
se lasci i vestiti e ti vesti di seta
parcheggi, di notte: zoo dell'esteta.
sabato, febbraio 17, 2007
Noli me tangere
"Roma, che sei tu?
Sei fanciulla, che si diverte a truccarsi da baldracca?
O vero è, piuttosto, il contrario?" può chiedersi chi, delle due, ne conosca non poche.
Ma, Roma, visto che nella miseria (come nello sfarzo) non hai mai smesso di provare a godere, dimmi: quante tue mura, siano esse state rozze, o patrizie, o vaticane, hanno nei secoli vibrato di urla e grida e tonfi del lusso di corpi su corpi?
"Tutti froci, li papi!" mi sintetizzò del resto, con profonda coscienza storica, Domenico, un oste sulla Tuscolana.
Sei fanciulla, che si diverte a truccarsi da baldracca?
O vero è, piuttosto, il contrario?" può chiedersi chi, delle due, ne conosca non poche.
Ma, Roma, visto che nella miseria (come nello sfarzo) non hai mai smesso di provare a godere, dimmi: quante tue mura, siano esse state rozze, o patrizie, o vaticane, hanno nei secoli vibrato di urla e grida e tonfi del lusso di corpi su corpi?
"Tutti froci, li papi!" mi sintetizzò del resto, con profonda coscienza storica, Domenico, un oste sulla Tuscolana.
E allora dimmi, Roma: quanto, quanto alto poteva essere un orgasmo urlato in un salone dei tuoi palazzi più splendenti e belli? Dimmi, guardàti: i tuoi mari di marmo, i soffitti altissimi e gli scaloni amplificavano o attutivano gli amplessi tra, poniamo, cardinali e giovinetti? Essi urlavano, o piuttosto si intimorivano alle viste dei centenari sorrisi dei dionisi maliziosi? E scusa, le schiene perfette degli apolli scolpiti non zittivano all'istante i flaccidi potenti, abituati ai vini e alle selvaggine, grassi, sformati dagli anni, dagli agi e dalle ricchezze? La grandezza dell'architettura e delle geometrie rendeva loro più facile o più difficile l'accostarsi ai pallidi corpi delle giovanette delle quali, senza posa, si dovevano patriziamente circondare?
Riuscivano loro a Vivere, Sospirare e Piangere in quei palazzi così belli e sfrontati, allo stesso modo in cui noi riusciamo, oggi, a Vivere, Sospirare e Piangere in costruzioni modulari così brutte e sempre uguali tra loro?
E tu? Tu, se conquistassi Roma, correresti poi ad urlare la tua natura in quei saloni? Riusciresti, a corpo nudo, ad accostarti ad altro corpo, sotto quelle volte maestose, sotto gli occhi accigliati e boriosi dei caravaggi, mai solo tra i bianchi voyeurismi delle afroditi, delle madonne, delle danae? Leccheresti e baceresti sotto gli occhi di monito dei clementi, dei bonifaci, dei pii, imprigionati in mezzobusti di pietra e costretti così nei secoli ad astenersi dal contatto con ciò dal quale mai si astennero pur proclamandosi papi, e cioè la carne, la carne, la carne?
E tu? Tu, se conquistassi Roma, correresti poi ad urlare la tua natura in quei saloni? Riusciresti, a corpo nudo, ad accostarti ad altro corpo, sotto quelle volte maestose, sotto gli occhi accigliati e boriosi dei caravaggi, mai solo tra i bianchi voyeurismi delle afroditi, delle madonne, delle danae? Leccheresti e baceresti sotto gli occhi di monito dei clementi, dei bonifaci, dei pii, imprigionati in mezzobusti di pietra e costretti così nei secoli ad astenersi dal contatto con ciò dal quale mai si astennero pur proclamandosi papi, e cioè la carne, la carne, la carne?
La carne... Avresti, nella foga, la forza e la costanza di guardare in basso, come il maiale che cerca ghiande, o cercheresti in alto ciò che in terra non ti soddisfa, come l'essere umano che cerca dei?
Se pure, poi, tua madre ti disse che certe cose si fanno solo in camera da letto, e non in saloni affrescati, allora quale amore, dei due, più t'invaderebbe? Il sacro o il profano?
giovedì, febbraio 15, 2007
Io e Giartruda, amanti
L'occhi invetriti peggio de li matti:
sempre pelo co ppelo, e bbecc'a becco.
Viè e un vieni, fà e ppijja, ecco e nun ecco;
e ddaijje, e spiggne, e incarca, e striggni e sbatti.
E' un gran gusto er sfregà! Ma ppe ggodello
più a cciccio, ce vorià che ddiventassi
Giartruda tutta sorca, io tutt'uscello.
sempre pelo co ppelo, e bbecc'a becco.
Viè e un vieni, fà e ppijja, ecco e nun ecco;
e ddaijje, e spiggne, e incarca, e striggni e sbatti.
E' un gran gusto er sfregà! Ma ppe ggodello
più a cciccio, ce vorià che ddiventassi
Giartruda tutta sorca, io tutt'uscello.
G.G.Belli, 1870, Roma
lunedì, febbraio 05, 2007
l'immagine del piacere
Sono qui a rivolgere un appello ai miei 3 lettori.
Il gioco che vorrei lanciare è molto semplice: vorrei ricevere da voi foto che vi ritraggano nel momento del piacere.
ALT! Non mi interessano particolarmente culi, tette, genitali (non, perlomeno, in questa sede): sono interessato ai volti, alle espressioni, alle deformazioni che la Sacra Onda opera sui visi, sugli occhi, sulle labbra, sulle sopracciglia. Sulla faccia.
Scattatevi un primo piano mentre godete, signor*! Non chiedo altro.
Anche se poi non mi manderete la foto, non importa: VOI guardatavela bene, guardate come siete bell*. Guardate come la natura prende forma sui nostri volti ingessati.
Se invece qualcun* dovesse decidere di mandarmela, fate pure tutto quello che è necessario per la vostra tranquillità: modifiche, editing, e quant’altro. Non mi interessa riconoscervi, anche perchè non vi conosco.
Mi interessa la splendida brutalità con la quale il piacere deforma i visi, le espressioni che questi visi abitano, e le anime che generano queste espressioni.
Voglio vedere l’istantanea del godimento: quanto a fondo la sua onda stupra la grigia consuetudine facciale, la norma espressiva delle labbra serrate, delle mascelle tese, della seriosa ordinarietà?
Voglio la grandiosa piega agli angoli della bocca, voglio gli occhi che splendono magici, voglio il vostro Sorriso Migliore.
Voglio scavalcare in un sol passo anni e anni di educazione e di cortesie, voglio cogliervi nell’estasi: non voglio nomi, non voglio identità, non voglio scandali.
Voglio gli occhi e la lingua, voglio le fronti, voglio le bocche, voglio le contrazioni, voglio il Momento. Voglio l’immagine della vostra natura, signor*. Mandatemi le vostre estasi, mandatemi le foto delle vostre piene. Non tenetevi. Piuttosto, tagliate, modificate, mandatemi anche solo un occhio, una porzione di labbra, un particolare. Ma siate sinceri: chè quell’immagine sia l’immagine del vostro piacere.
Cogliete l'attimo.
Vi sembra folle? Può darsi, perchè a me sembra solo bello. E questo, forse, spiega tutto.
mastrofioraio@gmail.com
Il gioco che vorrei lanciare è molto semplice: vorrei ricevere da voi foto che vi ritraggano nel momento del piacere.
ALT! Non mi interessano particolarmente culi, tette, genitali (non, perlomeno, in questa sede): sono interessato ai volti, alle espressioni, alle deformazioni che la Sacra Onda opera sui visi, sugli occhi, sulle labbra, sulle sopracciglia. Sulla faccia.
Scattatevi un primo piano mentre godete, signor*! Non chiedo altro.
Anche se poi non mi manderete la foto, non importa: VOI guardatavela bene, guardate come siete bell*. Guardate come la natura prende forma sui nostri volti ingessati.
Se invece qualcun* dovesse decidere di mandarmela, fate pure tutto quello che è necessario per la vostra tranquillità: modifiche, editing, e quant’altro. Non mi interessa riconoscervi, anche perchè non vi conosco.
Mi interessa la splendida brutalità con la quale il piacere deforma i visi, le espressioni che questi visi abitano, e le anime che generano queste espressioni.
Voglio vedere l’istantanea del godimento: quanto a fondo la sua onda stupra la grigia consuetudine facciale, la norma espressiva delle labbra serrate, delle mascelle tese, della seriosa ordinarietà?
Voglio la grandiosa piega agli angoli della bocca, voglio gli occhi che splendono magici, voglio il vostro Sorriso Migliore.
Voglio scavalcare in un sol passo anni e anni di educazione e di cortesie, voglio cogliervi nell’estasi: non voglio nomi, non voglio identità, non voglio scandali.
Voglio gli occhi e la lingua, voglio le fronti, voglio le bocche, voglio le contrazioni, voglio il Momento. Voglio l’immagine della vostra natura, signor*. Mandatemi le vostre estasi, mandatemi le foto delle vostre piene. Non tenetevi. Piuttosto, tagliate, modificate, mandatemi anche solo un occhio, una porzione di labbra, un particolare. Ma siate sinceri: chè quell’immagine sia l’immagine del vostro piacere.
Cogliete l'attimo.
Vi sembra folle? Può darsi, perchè a me sembra solo bello. E questo, forse, spiega tutto.
mastrofioraio@gmail.com
venerdì, febbraio 02, 2007
BREVE TAVOLA SINOTTICA DELL'ORGASMO FEMMINILE
(Per amore della scienza si pubblica anche in questo luogo la seguente tassonomia)
TIPOLOGIE DI DONNA:
-Anorgasmica: il partner tenta di aprire la porta, ma sembra non possedere la chiave giusta.
-Monorgasmica: il partner riesce in qualche modo ad aprire la porta, ma dietro ne trova un’altra, che però entrambi preferiscono non notare, fermandosi, esausti e soddisfatti, in corridoio.
-Pluriorgasmica: porte felicemente scorrevoli e/o chiavi felicemente combacianti.
Tuttavia, ad ulteriore complicazione del quadro, entra in scena un nuovo elemento: la FINZIONE.
In questo caso, l’inquilina pare aver perduto la chiave, e deve rivolgersi ai vigili del fuoco nella speranza di poter rientrare in casa propria.
METATIPOLOGIE:
-Orgasmica che dissimula l’orgasmo: (n.d.f. a volte, non so bene perchè, la mia preferita…). La porta si apre eccome, ma l’inquilina tenta di non saldare il conto al pompiere che l’ha aiutata ad entrare in casa. (oppure nella stanza a fianco c’e’ il pranzo di natale con mamma, papa’ e zia maria)
-Anorgasmica che si finge monorgasmica: la porta non si apre ma i tentativi di scasso stanno cominciando a rompere un po’ le palle, quindi cerchiamo di sveltire e archiviare la pratica.
-Anorgasmica che si finge pluriorgasmica: l’inquilina non pensa nemmeno più ad aprire la porta, ma si diverte (o si rassegna) a giocare sul pianerottolo con un barboncino infoiato.
-Monorgasmica che si finge pluriorgasmica: la porta si è aperta, e l’inquilina in cambio vuole anche offrire the e pasticcini.
Oppure: la porta si è aperta, ma siccome il pompiere è seguace dell’arte tantrica, continua a ravanare. A questo punto l’inquilina, volendo solo addormentarsi, cerca di contrastare l’arte tantrica, solleticando a più riprese l’ego del pompiere cantandogli Die Zauberflöte (Il flauto magico).
TIPOLOGIE DI DONNA:
-Anorgasmica: il partner tenta di aprire la porta, ma sembra non possedere la chiave giusta.
-Monorgasmica: il partner riesce in qualche modo ad aprire la porta, ma dietro ne trova un’altra, che però entrambi preferiscono non notare, fermandosi, esausti e soddisfatti, in corridoio.
-Pluriorgasmica: porte felicemente scorrevoli e/o chiavi felicemente combacianti.
Tuttavia, ad ulteriore complicazione del quadro, entra in scena un nuovo elemento: la FINZIONE.
In questo caso, l’inquilina pare aver perduto la chiave, e deve rivolgersi ai vigili del fuoco nella speranza di poter rientrare in casa propria.
METATIPOLOGIE:
-Orgasmica che dissimula l’orgasmo: (n.d.f. a volte, non so bene perchè, la mia preferita…). La porta si apre eccome, ma l’inquilina tenta di non saldare il conto al pompiere che l’ha aiutata ad entrare in casa. (oppure nella stanza a fianco c’e’ il pranzo di natale con mamma, papa’ e zia maria)
-Anorgasmica che si finge monorgasmica: la porta non si apre ma i tentativi di scasso stanno cominciando a rompere un po’ le palle, quindi cerchiamo di sveltire e archiviare la pratica.
-Anorgasmica che si finge pluriorgasmica: l’inquilina non pensa nemmeno più ad aprire la porta, ma si diverte (o si rassegna) a giocare sul pianerottolo con un barboncino infoiato.
-Monorgasmica che si finge pluriorgasmica: la porta si è aperta, e l’inquilina in cambio vuole anche offrire the e pasticcini.
Oppure: la porta si è aperta, ma siccome il pompiere è seguace dell’arte tantrica, continua a ravanare. A questo punto l’inquilina, volendo solo addormentarsi, cerca di contrastare l’arte tantrica, solleticando a più riprese l’ego del pompiere cantandogli Die Zauberflöte (Il flauto magico).
martedì, gennaio 30, 2007
Lui a lei: prima, ora, dopo
Spett.le Partner Femminile
OGGETTO: I tuoi amanti passati
Il superbo dice: prima di me, niente. Dopo di me, meno.
Il realista dice: prima di me, non c’ero. Dopo di me, non ci sarò:chissenefrega.
L’ironico dice: prima di me, cazzi tuoi. Dopo di me, cazzi tuoi.
Il problematico dice: prima di me, non voglio sapere niente. Dopo di me, anzi no dimmi che non ci lasceremo mai.
Il morboso dice: prima di me, raccontami. Dopo di me, fammi comunque sapere.
Il cornuto dice: prima di me, fuoco e fiamme. Dopo di me, di più. Possibile che adesso tu sia in pausa?
Lo zen dice: prima di me, non conta. Dopo di me, non conta. Tutto considerato, non conta.
Il siculo dice: prima di me, gli tagghio la testa. Dopo di me, gli tagghio la testa.
Il narciso dice: prima di me, tentativi. Dopo di me, rimpianto.
L’ingenuo dice: prima di me, niente. Dopo di me, meno.
and we’re back to the start…
OGGETTO: I tuoi amanti passati
Il superbo dice: prima di me, niente. Dopo di me, meno.
Il realista dice: prima di me, non c’ero. Dopo di me, non ci sarò:chissenefrega.
L’ironico dice: prima di me, cazzi tuoi. Dopo di me, cazzi tuoi.
Il problematico dice: prima di me, non voglio sapere niente. Dopo di me, anzi no dimmi che non ci lasceremo mai.
Il morboso dice: prima di me, raccontami. Dopo di me, fammi comunque sapere.
Il cornuto dice: prima di me, fuoco e fiamme. Dopo di me, di più. Possibile che adesso tu sia in pausa?
Lo zen dice: prima di me, non conta. Dopo di me, non conta. Tutto considerato, non conta.
Il siculo dice: prima di me, gli tagghio la testa. Dopo di me, gli tagghio la testa.
Il narciso dice: prima di me, tentativi. Dopo di me, rimpianto.
L’ingenuo dice: prima di me, niente. Dopo di me, meno.
and we’re back to the start…
lunedì, gennaio 29, 2007
piccole lezioni di vita in un posto cool
Sublime è la serpe dello stupore, quando s'insinua irridente nel pregiudizio più trito.
Come giro della domenica, due fiorai (al momento in aspettativa) decidono di andare allo zoo, anche perchè uno dei due durante la settimana vi lavora, e forse c'è la possibilità di intercettare qualche nocciolina e qualche chardonnay cileno senza dover passare dalla cassa.
Pur essendo un locale fashion, o, pensandoci, proprio per questo, i due fiorai allora mangiano e bevono tutta sera come due porci.
A fine serata, gli altri avventori fanno ritorno ai rispettivi alloggi.
A quel punto il fioraio scrivente, ebbro di tanta umanità e di tanti drinks a sbafo, avvicina un buttafuori, giacca&cravatta&auricolare d'ordinanza. Gli chiede, supponendo una confidenza che, peraltro, non c'è: "Come va?".
Lui non risponde: "Grunt!".
Lui risponde: "Galleggiamo nella pochezza".
Galleggiamo nella pochezza...
V'è dunque una perla in attesa, ben nascosta, anche per l'ultimo dei porci!
Il porco scrivente allora stringe la mano al buttafuori, gli chiede il permesso di appuntarsi la perla sulle sue pagine onanistico-letterarie, e gli dice che da lui si sarebbe fatto picchiare volentieri, anche subito.
Sublime sempre la perla al porco, il bacio al cane, la seta al fango.
Come giro della domenica, due fiorai (al momento in aspettativa) decidono di andare allo zoo, anche perchè uno dei due durante la settimana vi lavora, e forse c'è la possibilità di intercettare qualche nocciolina e qualche chardonnay cileno senza dover passare dalla cassa.
Pur essendo un locale fashion, o, pensandoci, proprio per questo, i due fiorai allora mangiano e bevono tutta sera come due porci.
A fine serata, gli altri avventori fanno ritorno ai rispettivi alloggi.
A quel punto il fioraio scrivente, ebbro di tanta umanità e di tanti drinks a sbafo, avvicina un buttafuori, giacca&cravatta&auricolare d'ordinanza. Gli chiede, supponendo una confidenza che, peraltro, non c'è: "Come va?".
Lui non risponde: "Grunt!".
Lui risponde: "Galleggiamo nella pochezza".
Galleggiamo nella pochezza...
V'è dunque una perla in attesa, ben nascosta, anche per l'ultimo dei porci!
Il porco scrivente allora stringe la mano al buttafuori, gli chiede il permesso di appuntarsi la perla sulle sue pagine onanistico-letterarie, e gli dice che da lui si sarebbe fatto picchiare volentieri, anche subito.
Sublime sempre la perla al porco, il bacio al cane, la seta al fango.
mercoledì, gennaio 24, 2007
umanità
Che sorte.
Vini trentini mi guidarono a brindare con avvocati, professori e poliziotti...
Cantammo canzoni sguaiate, come solo quelle venete e toscane sanno essere.
Ebbri intonammo cori anarchici, irridenti, sfacciati, sempre e comunque pieni di generosi riferimenti alla Grande Madre Antropologica: sua maestà la fica, declinata in tutte le varianti dialettali ed accademiche, risplendeva nei nostri cori da taverna, nelle citazioni cinefile, nelle ricche aneddotiche personali di gente con molte cravatte e rispettabili posizioni diurne.
D'altronde, esistono forse ad altro scopo i consessi d'accademici, le riunioni ed i convegni, se non quello di passare le nottate attorno ad un tavolaccio avvinato, gareggiando per trovare modi forbiti di descrivere il vizio della carne?
Pazienza se si farà tardi: ci sarà tempo la mattina dopo, raccolti in platea davanti al lecturer di turno, per dormire.
Bucaiole di tutto il mondo, unitevi! mi sussurrava così all'orecchio un insospettabile diplomatico aretino che, la mattina dopo, sarebbe ripartito per il suo ufficio di Bruxelles. Il segreto della bucaiola, mi diceva, sta nell'aspirazione. Della C, ma non solo.
Una sera, ebbro, versai vino nella coppa dell'ispettore di polizia al mio fianco, e gli chiesi, con tutta la serietà e la pompa di cui fui capace: Tu che senz'altro ti sei già risposto, quanto ci si mette, una volta finita l'università, a diventare Stronzi?
Dall'alto dei suoi cinquant'anni mi disse, prima di bere ancora oblìo -effimero- dalla coppa: Poco, molto poco.
Quei signori... tutti amichevolmente li apostrofai, prendendomi quella confidenza della quale può godere, tramite la pratica imparziale dell'ironia, perfino il giovane tra i vecchi.
Dovetti spingere così tanto sull'acceleratore che una notte Tafer, un algerino che vive a Perpignan, mi chiamò Jean Paul, alchè, al mio sussulto, mi spiegò che non si voleva riferire ad una somiglianza con Giovanni Paolo II: piuttosto, egli commetteva l'imprudenza d'accostarmi a giovanni paolo sartre. Il mio sussulto, allora, fu più grosso: il buon jean paul... non avevo nemmeno un quarto della sua ferocia, nemmeno un quarto delle sue donne, e nemmeno un quarto dei suoi dolcevita. Eppure Tafer mi assicurava, bevendo red bull (che evidentemente, al contrario del Marzemino, deve essere halal), che, dopo aver lavorato qualche mese al Moulin Rouge delle notti di Pigalle, dopo aver scoperto quanto il buio di Marsiglia sappia essere vivace, e quanto di più lo sappia essere la casbah di Algeri, dopo tutto questo, e molto altro, gli sembrava comunque che io fossi ben piazzato nella classifica dei figli di puttana più figli di puttana con i quali egli mai avesse avuto a che fare. Ahimè, Tafer, mi sopravvaluti, gli dissi triste. Per tirarmi su, mi offrì uno speciale tabacco algerino da mettere sotto le labbra, a diretto contatto con le gengive: in neanche cinque minuti capii quanto questi algerini siano esperti riguardo le possibilità offerte, in termini di velocità di assorbimento percutaneo, dalle mucose della bocca.
Un pomeriggio poi, io e tre donne andammo a fare la sauna e il bagno turco. Di queste, proprio un'ucraina dalle lunghe gambe, che peraltro di giorno giocava a fare la gran donna, fu l'unica ad indossare il costume. Suppongo che si sarebbe portata volentieri anche il peluche.
Le altre due, americane, più rilassate mi accompagnarono nella nudità: dovevano aver compreso che, nella vecchia decadente Europa, più si va a nord, e meno una sauna di gruppo nudi sembra peccato.
Così, mentre mi guardava sorridendo, e non negli occhi, la texana mi disse: Well, now I know some of your secrets...
Una notte scoprii, poi, un'altra texana intenta a strusciarmisi addosso. Finalmente potei usare due o tre espressioni anglofone, piuttosto oscene, che m'ero sempre tenuto a mente, ma che non avevo mai avuto occasione d'inserire in conversazione. Ci divertimmo, e con pazienza lei corresse il mio inglese.
Finchè l'ultima mattina, alle sei, s'era ancora nella hall dell'albergo a bere Teroldego e mangiare salame di cervo assieme all'anarchico toscano (grande fotografo free lance) e all'irlandese appena giunto dal Laos. L'irlandese mi consegnò il suo depliant del sud est asiatico: gran bella gente, bei posti, prezzi bassi, droghe abbondanti, natura perfetta... e pochi, pochissimi ciccioni bianchi...
Prima di congedarsi, mi volle giurare come la Guinness fu inventata, in Irlanda, dalla chiesa cattolica perchè, a causa del gran consumo di whiskey, la società irlandese rischiava di diventare un big mess, un gran casino. I padri bevevano whiskey e picchiavano le mogli, le mogli bevevano whiskey e picchiavano i figli, i figli bevevano whiskey e picchiavano i padri.. e si ricominciava da capo.
Così, mi disse, fu inventata la birra: liquido ben più acquoso del whiskey, venne progettato in modo che il suo consumo eccessivo provocasse sonnolenza, e non boria rissosa. Laddove troppo whiskey, ricco di zuccheri, rendeva gli irlandesi energici, violenti ed instancabili, troppa birra li rendeva semplicemente goffi, stanchi e scoordinati. Potevano così addormentarsi biascicando in un androne o sulle sedute del pub: la façade sociale della vecchia Irlanda era salva, deo gratias.
Il giorno del congedo, il mio compagno di stanza australiano mi regalò una piccola statuetta made in egypt: una piramide, completa di sfinge, molto pacchiana e al contempo molto bella. La portava con sè da quando aveva lasciato Il Cairo, dove aveva lavorato per qualche mese.
Veniva così il mio turno: io non sapevo cosa dargli, finchè non trovai, rimestando in valigia, una manciata di confezioni di nutella, di quelle monoporzione che si trovano negli alberghi: le avevo previdentemente asportate, gonfiandomi le tasche, il giorno in cui avevo smesso di fare il portiere di notte.
In a way, it's all I have got, gli dissi. Le prese volentieri.
Vini trentini mi guidarono a brindare con avvocati, professori e poliziotti...
Cantammo canzoni sguaiate, come solo quelle venete e toscane sanno essere.
Ebbri intonammo cori anarchici, irridenti, sfacciati, sempre e comunque pieni di generosi riferimenti alla Grande Madre Antropologica: sua maestà la fica, declinata in tutte le varianti dialettali ed accademiche, risplendeva nei nostri cori da taverna, nelle citazioni cinefile, nelle ricche aneddotiche personali di gente con molte cravatte e rispettabili posizioni diurne.
D'altronde, esistono forse ad altro scopo i consessi d'accademici, le riunioni ed i convegni, se non quello di passare le nottate attorno ad un tavolaccio avvinato, gareggiando per trovare modi forbiti di descrivere il vizio della carne?
Pazienza se si farà tardi: ci sarà tempo la mattina dopo, raccolti in platea davanti al lecturer di turno, per dormire.
Bucaiole di tutto il mondo, unitevi! mi sussurrava così all'orecchio un insospettabile diplomatico aretino che, la mattina dopo, sarebbe ripartito per il suo ufficio di Bruxelles. Il segreto della bucaiola, mi diceva, sta nell'aspirazione. Della C, ma non solo.
Una sera, ebbro, versai vino nella coppa dell'ispettore di polizia al mio fianco, e gli chiesi, con tutta la serietà e la pompa di cui fui capace: Tu che senz'altro ti sei già risposto, quanto ci si mette, una volta finita l'università, a diventare Stronzi?
Dall'alto dei suoi cinquant'anni mi disse, prima di bere ancora oblìo -effimero- dalla coppa: Poco, molto poco.
Quei signori... tutti amichevolmente li apostrofai, prendendomi quella confidenza della quale può godere, tramite la pratica imparziale dell'ironia, perfino il giovane tra i vecchi.
Dovetti spingere così tanto sull'acceleratore che una notte Tafer, un algerino che vive a Perpignan, mi chiamò Jean Paul, alchè, al mio sussulto, mi spiegò che non si voleva riferire ad una somiglianza con Giovanni Paolo II: piuttosto, egli commetteva l'imprudenza d'accostarmi a giovanni paolo sartre. Il mio sussulto, allora, fu più grosso: il buon jean paul... non avevo nemmeno un quarto della sua ferocia, nemmeno un quarto delle sue donne, e nemmeno un quarto dei suoi dolcevita. Eppure Tafer mi assicurava, bevendo red bull (che evidentemente, al contrario del Marzemino, deve essere halal), che, dopo aver lavorato qualche mese al Moulin Rouge delle notti di Pigalle, dopo aver scoperto quanto il buio di Marsiglia sappia essere vivace, e quanto di più lo sappia essere la casbah di Algeri, dopo tutto questo, e molto altro, gli sembrava comunque che io fossi ben piazzato nella classifica dei figli di puttana più figli di puttana con i quali egli mai avesse avuto a che fare. Ahimè, Tafer, mi sopravvaluti, gli dissi triste. Per tirarmi su, mi offrì uno speciale tabacco algerino da mettere sotto le labbra, a diretto contatto con le gengive: in neanche cinque minuti capii quanto questi algerini siano esperti riguardo le possibilità offerte, in termini di velocità di assorbimento percutaneo, dalle mucose della bocca.
Un pomeriggio poi, io e tre donne andammo a fare la sauna e il bagno turco. Di queste, proprio un'ucraina dalle lunghe gambe, che peraltro di giorno giocava a fare la gran donna, fu l'unica ad indossare il costume. Suppongo che si sarebbe portata volentieri anche il peluche.
Le altre due, americane, più rilassate mi accompagnarono nella nudità: dovevano aver compreso che, nella vecchia decadente Europa, più si va a nord, e meno una sauna di gruppo nudi sembra peccato.
Così, mentre mi guardava sorridendo, e non negli occhi, la texana mi disse: Well, now I know some of your secrets...
Una notte scoprii, poi, un'altra texana intenta a strusciarmisi addosso. Finalmente potei usare due o tre espressioni anglofone, piuttosto oscene, che m'ero sempre tenuto a mente, ma che non avevo mai avuto occasione d'inserire in conversazione. Ci divertimmo, e con pazienza lei corresse il mio inglese.
Finchè l'ultima mattina, alle sei, s'era ancora nella hall dell'albergo a bere Teroldego e mangiare salame di cervo assieme all'anarchico toscano (grande fotografo free lance) e all'irlandese appena giunto dal Laos. L'irlandese mi consegnò il suo depliant del sud est asiatico: gran bella gente, bei posti, prezzi bassi, droghe abbondanti, natura perfetta... e pochi, pochissimi ciccioni bianchi...
Prima di congedarsi, mi volle giurare come la Guinness fu inventata, in Irlanda, dalla chiesa cattolica perchè, a causa del gran consumo di whiskey, la società irlandese rischiava di diventare un big mess, un gran casino. I padri bevevano whiskey e picchiavano le mogli, le mogli bevevano whiskey e picchiavano i figli, i figli bevevano whiskey e picchiavano i padri.. e si ricominciava da capo.
Così, mi disse, fu inventata la birra: liquido ben più acquoso del whiskey, venne progettato in modo che il suo consumo eccessivo provocasse sonnolenza, e non boria rissosa. Laddove troppo whiskey, ricco di zuccheri, rendeva gli irlandesi energici, violenti ed instancabili, troppa birra li rendeva semplicemente goffi, stanchi e scoordinati. Potevano così addormentarsi biascicando in un androne o sulle sedute del pub: la façade sociale della vecchia Irlanda era salva, deo gratias.
Il giorno del congedo, il mio compagno di stanza australiano mi regalò una piccola statuetta made in egypt: una piramide, completa di sfinge, molto pacchiana e al contempo molto bella. La portava con sè da quando aveva lasciato Il Cairo, dove aveva lavorato per qualche mese.
Veniva così il mio turno: io non sapevo cosa dargli, finchè non trovai, rimestando in valigia, una manciata di confezioni di nutella, di quelle monoporzione che si trovano negli alberghi: le avevo previdentemente asportate, gonfiandomi le tasche, il giorno in cui avevo smesso di fare il portiere di notte.
In a way, it's all I have got, gli dissi. Le prese volentieri.
L'offerta
Uno dei più grandi crucci degli economisti è, a conti fatti, anche un dubbio esistenziale, e dunque degno di considerazioni più ampie del solo interesse specialistico ad esso riservato dalla teoria economica.
In realtà, stabilire se sia l'offerta a creare la domanda, o se sia piuttosto il contrario, può interessare numerosi campi dell'azione sociale e umana.
In questo caso, il grafico proposto riguarda la dinamica domanda-offerta all'interno di un mercato ben specifico, quella della seduzione: qui, con buona probabilità, l'immagine condurrà l'osservatore maschio alla conclusione che sia l'offerta a stimolare la domanda. Peraltro, i dati empirici a disposizione relativi all'episodio in questione confermano quanto la prima abbia concorso nello stimolare, e lungamente, la seconda.
Tuttavia, è auspicabile la generalizzazione? Ha senso chiedersi se il lato della domanda e quello dell'offerta abbiano un colore ben definito? Se, soprattutto, abbiano un sesso?
Sarebbe certamente facile assegnare al maschio l'eterno ruolo della domanda, e alla femmina l'altro; sarebbe, però, estremamente riduttivo: non sono forse, domanda e offerta, categorie indistinte e aperte, dove ognuno salta a seconda del proprio momento e della propria attitudine?
Si offra e si domandi, allora, e che mai un'azione abbia a soppiantare del tutto l'altra: del resto, gli economisti insegnano che è solo raggiungendo un sano punto d'equilibrio che il sistema terrà.
In realtà, stabilire se sia l'offerta a creare la domanda, o se sia piuttosto il contrario, può interessare numerosi campi dell'azione sociale e umana.
In questo caso, il grafico proposto riguarda la dinamica domanda-offerta all'interno di un mercato ben specifico, quella della seduzione: qui, con buona probabilità, l'immagine condurrà l'osservatore maschio alla conclusione che sia l'offerta a stimolare la domanda. Peraltro, i dati empirici a disposizione relativi all'episodio in questione confermano quanto la prima abbia concorso nello stimolare, e lungamente, la seconda.
Tuttavia, è auspicabile la generalizzazione? Ha senso chiedersi se il lato della domanda e quello dell'offerta abbiano un colore ben definito? Se, soprattutto, abbiano un sesso?
Sarebbe certamente facile assegnare al maschio l'eterno ruolo della domanda, e alla femmina l'altro; sarebbe, però, estremamente riduttivo: non sono forse, domanda e offerta, categorie indistinte e aperte, dove ognuno salta a seconda del proprio momento e della propria attitudine?
Si offra e si domandi, allora, e che mai un'azione abbia a soppiantare del tutto l'altra: del resto, gli economisti insegnano che è solo raggiungendo un sano punto d'equilibrio che il sistema terrà.
lunedì, gennaio 15, 2007
il lavoro rende liberi quando finisce
Come ebbe a dire un mio amico non privo di ironia: il favoloso mondo dei consierge perde dunque uno dei suoi migliori (come sempre tutto dipende dal criterio di giudizio) esponenti, il quale, al contempo, si affranca dalla cravatta e riguadagna la libertà di perdersi nuovamente nella selva che prende il nome di mondo.
Senz'altro, il mercato del lavoro farà in modo che il gentile cliente troverà, già da oggi, qualcun altro su cui riversare i suoi vizi e i suoi capricci.
Il molliccio benessere emiliano nel quale al momento mi muovo mi permette, peraltro, di essere perfino più contento nel giorno del mio licenziamento, rispetto a quanto lo fossi in quello della mia assunzione.
Si può stare tranqulli, del resto, che nessuno piangerà la mia partenza, là dentro. Ogni cosa continuerà anzi secondo il suo corso.
Allo stesso modo, fuori, gli amanti continueranno a baciarsi sussurrando, i vecchi a lamentarsi, e i bambini a stupirsi.
Niente, insomma, cambierà.
Io però mi riapproprio delle mie notti: un buon punto di partenza, tra le altre cose, per una nuova serie di esplorazioni e, volendo, di peccati.
In culo, mi si permetta, al gentile cliente.
martedì, gennaio 09, 2007
la ricetta
Appunto anche qui una ricetta che, leggenda vuole, fu consegnata da un vecchio gaudente in rovina a quel che rimaneva della sua servitù:
1-si prendano il sesso e l’amore, che avranno, nella maggiorparte delle dispense, l’aspetto d’un informe pastiche più o meno omogeneo.
2-si disgiungano e si separino con meticolosa attenzione i due ingredienti l’uno dall’altro, aiutandosi con gli affilati coltelli della ragione, e con le grevi punte dell’analisi.
3-si filtrino i due composti dalle innumerevoli impurità materiali e morali ch’essi avranno accumulato negli anni al loro interno, e si versino poi in due grandi coppe distinte ad ossigenarsi, mentre si avrà cura di dar loro il tempo di ricostruire la propria struttura del gusto.
"Infine, servi, poggiate le coppe sulla mia tavola, affinchè io possa abbeverarmi ora all’una, ora all’altra, a seconda della mia scelta, e del mio bisogno.
Ponetele una alla mia destra e una alla mia sinistra, abbastanza lontane tra loro, chè non abbiano a mischiarsi nell’aria gli aromi e i sapori.
La mia lingua ne gusterà appieno l’uno, o l’altro, a seconda di quel che, con tutto me stesso, vorrò sentire. In questo modo, nessuno dei due aromi si sovrapporrà o smorzerà, con la sua arroganza, i toni dell’altro.
Del resto, se volessi berli assieme, sarei il primo a sapere che, nella guerra dei sensi, i tratti più prepotenti dell’uno tragicamente occulterebbero al mio palato i risvolti più dolci dell’altro.
Ascoltate bene, allora, servi: la mescita da entrambe le coppe sarà dunque da praticarsi, a questa mensa, con estrema parsimonia, e solo se e quando sarà stato l'ospite a richiederla: potrà, la commistione di entrambi, dare forse un gusto diverso dalla mera somma delle sue parti, tuttavia ben saprò in quel momento che avrò perso per sempre qualcosa del sapore dell’uno, e qualcosa del sapore dell’altro.
Ed è proprio questo, miei servi, ciò che ormai non mi posso più permettere”.
1-si prendano il sesso e l’amore, che avranno, nella maggiorparte delle dispense, l’aspetto d’un informe pastiche più o meno omogeneo.
2-si disgiungano e si separino con meticolosa attenzione i due ingredienti l’uno dall’altro, aiutandosi con gli affilati coltelli della ragione, e con le grevi punte dell’analisi.
3-si filtrino i due composti dalle innumerevoli impurità materiali e morali ch’essi avranno accumulato negli anni al loro interno, e si versino poi in due grandi coppe distinte ad ossigenarsi, mentre si avrà cura di dar loro il tempo di ricostruire la propria struttura del gusto.
"Infine, servi, poggiate le coppe sulla mia tavola, affinchè io possa abbeverarmi ora all’una, ora all’altra, a seconda della mia scelta, e del mio bisogno.
Ponetele una alla mia destra e una alla mia sinistra, abbastanza lontane tra loro, chè non abbiano a mischiarsi nell’aria gli aromi e i sapori.
La mia lingua ne gusterà appieno l’uno, o l’altro, a seconda di quel che, con tutto me stesso, vorrò sentire. In questo modo, nessuno dei due aromi si sovrapporrà o smorzerà, con la sua arroganza, i toni dell’altro.
Del resto, se volessi berli assieme, sarei il primo a sapere che, nella guerra dei sensi, i tratti più prepotenti dell’uno tragicamente occulterebbero al mio palato i risvolti più dolci dell’altro.
Ascoltate bene, allora, servi: la mescita da entrambe le coppe sarà dunque da praticarsi, a questa mensa, con estrema parsimonia, e solo se e quando sarà stato l'ospite a richiederla: potrà, la commistione di entrambi, dare forse un gusto diverso dalla mera somma delle sue parti, tuttavia ben saprò in quel momento che avrò perso per sempre qualcosa del sapore dell’uno, e qualcosa del sapore dell’altro.
Ed è proprio questo, miei servi, ciò che ormai non mi posso più permettere”.
mercoledì, gennaio 03, 2007
due pesi e due misure
Qual è, tra due persone, la forma d'accordo che più pienamente legittima sè stessa, ben prima delle forme consigliate dalla società? chiede il libertino alla sua compagna del qui ed ora.
Se pronta, essa risponderà senza più indugi: "la reciprocità, quando sottoscritta da entrambi", e subito s'avvolgerà ad un altro corpo, e poi ad un terzo, a seconda del proprio desiderio.
Potrà allora soffrire, il libertino, nel vedere davanti ai suoi occhi la messa in pratica dei suoi principi? Ne avrà titolo? Troppa verità, è veramente troppo cruda, perfino per bocche tremendamente affamate?
Forse no. Egli, semplicemente, potrà avvertire sul suo animo e sulla sua carne il contatto con i principi da lui stesso professati: sarà allora che si arricchirà, perchè, finchè quei principi saranno validi, il costo della coerenza sarà sempre inferiore al valore reale ch'essa riveste.
Poichè tra maschi l'onore dipende dall'ora che segna l'orologio, il libertino non si preoccuperà poi di conformarsi a coloro che considerano onorevole la conquista solo quando sono essi a compierla, mentre dalla propria compagna pretendono l'esclusiva. Applichino pure due pesi e due misure, ma poi non si lamentino, in grasse chiacchiere tra uomini, di avere tra le mani una bambina e non una donna, se sono i soli a sentirsi in diritto di fare esperienze nel mondo: se infatti il cucciolo è fatto rimanere suo malgrado sotto l'ala (che si auto-definisce) chioccia, non gli si potrà imputare, un giorno, di non conoscere cosa c'è oltre la siepe.
Noi vorremo sempre provare ad andare oltre la siepe, fin dove ci sarà dato arrivare: e in ciò ci ricorderemo sempre che la Donna e l'Uomo hanno uguale sete e bisogno di conoscere, per quanto questo sia più spesso omesso che esplicitato.
Che dunque, oltre al resto, gli Uomini provino più pesi, sopra i loro bacini,
e che le Donne provino più misure, tra le gambe o laddove più gradiscono.
Se pronta, essa risponderà senza più indugi: "la reciprocità, quando sottoscritta da entrambi", e subito s'avvolgerà ad un altro corpo, e poi ad un terzo, a seconda del proprio desiderio.
Potrà allora soffrire, il libertino, nel vedere davanti ai suoi occhi la messa in pratica dei suoi principi? Ne avrà titolo? Troppa verità, è veramente troppo cruda, perfino per bocche tremendamente affamate?
Forse no. Egli, semplicemente, potrà avvertire sul suo animo e sulla sua carne il contatto con i principi da lui stesso professati: sarà allora che si arricchirà, perchè, finchè quei principi saranno validi, il costo della coerenza sarà sempre inferiore al valore reale ch'essa riveste.
Poichè tra maschi l'onore dipende dall'ora che segna l'orologio, il libertino non si preoccuperà poi di conformarsi a coloro che considerano onorevole la conquista solo quando sono essi a compierla, mentre dalla propria compagna pretendono l'esclusiva. Applichino pure due pesi e due misure, ma poi non si lamentino, in grasse chiacchiere tra uomini, di avere tra le mani una bambina e non una donna, se sono i soli a sentirsi in diritto di fare esperienze nel mondo: se infatti il cucciolo è fatto rimanere suo malgrado sotto l'ala (che si auto-definisce) chioccia, non gli si potrà imputare, un giorno, di non conoscere cosa c'è oltre la siepe.
Noi vorremo sempre provare ad andare oltre la siepe, fin dove ci sarà dato arrivare: e in ciò ci ricorderemo sempre che la Donna e l'Uomo hanno uguale sete e bisogno di conoscere, per quanto questo sia più spesso omesso che esplicitato.
Che dunque, oltre al resto, gli Uomini provino più pesi, sopra i loro bacini,
e che le Donne provino più misure, tra le gambe o laddove più gradiscono.
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