L'agire libertino tocca sì, e con il giusto gusto, il problema dei corpi, nel toccare senza ritegno prima di tutto il modo nel quale ci viene detto di toccare il corpo.
Tuttavia, l'agire libertino non si esaurisce affatto in questo. La posta in gioco vuole essere maggiore: perchè questa norma? perchè questa convenzione? va sibilando il libertino nel suo rabbioso vagare, mentre, pur con la bava alla bocca, non si fa mancare un sorriso per il prurito fatto così nascere in chi quella norma e quella convenzione aveva deciso, per il proprio vantaggio, di plasmare o, per la propria vigliaccheria, di seguire senza far questione.
Rapida la lingua del ligio crederà comunque di screditare il libertinaggio, descrivendolo come una monotona esclusiva dedizione alle carnali passioni, che, con sdegno, ricorderà esser propria dell'animale. Il ligio chiamerà allora cane il libertino, e cagna la libertina, non sapendo peraltro di far loro una sottile lode. Forse che il cane infatti non porta il volto vicino ad ogni cosa, per meglio comprenderne la natura? Senz'altro si accosta egli senza indugio a culi di altre cagne, secondo lo svelto protocollo che non prevede nè cinema nè cene. E tuttavia, non si accosta il cane anche ai fiori, così come all'acqua chiara, e pure, un attimo dopo, al fango? Non guarda uggioso la luna, e pure avanza con la testa rivolta alla Terra? A parte quelle che si ostina ad impartirgli l'uomo, conosce forse il cane altre censure, nel breve soffio in cui gli è dato di vivere?
Allora: il corpo è in realtà solo una di quelle sfere che la libertà di coscienza vuole arrivare a toccare. E' forse essa la sfera più imprescindibile? La più immediata? La più piacevole da esplorare?
Non necessariamente, e non sempre.
Ad ogni modo, considerato quanto i costi della libertà di coscienza sappiano essere più onerosi di quelli che s'incontrano lungo la placida strada dell'accettazione del senso comune, la sfera del corpo si staglia senz'altro come un caldo punto di ristoro sul cammino del cane randagio.
Innegabile, porco cane.
Eppure, " la vanità, non la lussuria, resta il mio peccato preferito", direbbe comunque un buon diavolo.
giovedì, dicembre 14, 2006
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