venerdì, ottobre 13, 2006

Scarpe da lavoro


TIPO 1 - Scarpa da lavoro antinfortunistica: da usarsi in cantieri, officine, fabbriche, magazzini, e in generale in tutti i contesti lavorativi
dove viene esposto .
Caratteristiche: la punta rinforzata di queste calzature evita traumi alle dita del piede; vengono pertanto utilizzate specialmente in contesti di lavoro manuale ed operaio, cui fanno prevalentemente riferimento salari di categoria inferiore.
Se ne vedranno parecchie, per esempio, ai piedi di chi asfalta strade o lavora nell'edilizia.
Costo: il basso costo unitario è favorito dalle economie di scala (generalmente tali calzature vengono fornite dalle aziende per cui il lavoratore presta servizio, che possono ottenere sconti sul prezzo ordinandone grossi quantitativi).
La statistica ci informa sulla fascia di reddito medio-bassa cui generalmente appartengono coloro che ne fanno uso lavorativo.
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TIPO 2 - Scarpa da lavoro da usarsi in sedi di adescamento: locali pubblici, uffici, club, teatri, corsi e piazze.
Caratteristiche: generalmente utilizzate in contesti d'immagine ad alto tasso di competitività interna; la loro conformazione generale non assicura agilità o comodità, ma non ostacola affatto la tipologia di lavoro fisico cui, con tutta probabilità, la prestatrice d'opera andrà incontro. Al contrario il tacco alto, il collo del piede scoperto e la punta a V sono funzionali allo scopo.
Costo: il costo unitario risulta generalmente piuttosto alto. Viene anzi spesso stravolto il principio dell'attore razionale, lo stesso sul quale si basa la teoria economica classica: infatti il consumatore tipico- meglio, la consumatrice - non tenta, come farebbe l'attore razionale, di massimizzare la resa delle risorse finanziarie disponibili acquistando un prodotto il più possibile ottimale ed economico, ma anzi tende a puntare dritta e decisa sul paio di scarpe più scomodo e più costoso del punto vendita più centrale e più costoso della città più costosa della provincia.
E' pur vero, a parziale attenuante, che l'alto costo del prodotto viene generalmente ammortizzato grazie agli elevati redditi da lavoro, che tra l'altro possono essere erogati anche sotto forme differenti dalla moneta corrente: benefit come viaggi, alloggi, automobili, vestiti, cene e gioielli sono anzi parte integrante del reddito finale della prestatrice d'opera.
Tutto considerato, queste consumatrici potrebbero dunque risultare, in ultima analisi, ben più razionali dei soliti coglioni attori razionali sui quali si basa la teoria economica classica. Soliti coglioni la cui gran parte, per inciso, lavora con indosso scarpe del TIPO 1.

martedì, ottobre 10, 2006

Buona musica



"Guglielmo Tell"
Ensamble di tre elementi, con variazione sul tema in finale.
Scrive: Gioachino Rossini.
Eseguono: due viole e una tromba.
Dirige: S. K.Incisione originale, 1971

sabato, ottobre 07, 2006

venerdì, ottobre 06, 2006

Iconografia della morale

La forza della gravità

Dice la natura: ciò che s'alza, in seguito ricade. Ciò che sale, riscende. Ciò che splende, s'offusca. Nonostante la gentile chiarezza di questa sua legge, accade ad alcuni di non riuscire ad afferrarne l'universalità: essi finiscono così per tentare di opporvisi, con non trascurabile affanno, nell'ostinazione di sottrarre ai suoi regolamenti cose considerate care ed eccezionali, come un affetto, un'idea, un bene.
Il fioraio conosce le leggi del mondo, e sa che ciò che fiorisce sfiorirà. Ma egli non spande tristezza dicendo: "La rosa vive, e poi muore". Egli, spostando l'accento, preferisce dire: "La rosa appassisce, ma prima profuma".
Egli apprezza e gusta l'ascesa e lo splendore, cavalcandoli, ma al contempo sa che la parte discendente della parabola potrà essere altrettanto vitale ed interessante. I colori della decadenza non inducano dunque a distogliere l'occhio, ma anzi a guardare con più attenzione ancora. Solo in tal modo sarà concesso, all'amante della verità, di godere fino ad un attimo prima del buio finale.

Ciò che era un palazzo di nobili è oggi un covo di topi e uccelli: all'occhio curioso ne risente forse la maestosità dei suoi profili? Non giunge all'immaginante orecchio ancora l'eco dei giocosi amplessi, degli intrighi, delle commedie che si tenevano tra le sue mura e sulle sue loggette? Ecco, guardiamo il portone che un tempo faceva largo al potente, e che ora giace scrostato e bruciato dal sole. Ebbene, il cuore attento non vi intravede ancora il fastidio di chi lo varcava altezzoso per uscire in città e mischiarsi al popolo, o il sogno di chi, speranzoso, dalla città lo attraversava per salire a palazzo e chiedere favori e privilegi?
Allo stesso modo, risiede forse il fascino delle macerie di un tempio greco nella perfezione? O, piuttosto, nella sua indefinitezza?
Rispecchiamoci allora nella sua nuda mancanza.
Noi siamo l'impero alla fine della decadenza.